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ToggleLa domanda di risarcimento per errata diagnosi al paziente viene avanzata sempre più spesso dagli avvocati esperti in malpractice medica.
Una diagnosi sbagliata può, infatti, arrecare danni fisici e psicologici, aggravare le condizioni di salute della persona e comportare spese per terapie di nessuna utilità.
In questi casi, il paziente ha diritto a risarcimenti per malasanità, essendo risarcito per i danni e rimborsato per i costi di cure mediche e farmaci prescritti in seguito all’errore diagnostico.
Cosa si intende per errata diagnosi?
Si parla di errata diagnosi quando il medico non riconosce i sintomi di una malattia e li attribuisce a una condizione diversa. In tal caso, la patologia non viene trattata e il quadro clinico del paziente può peggiorare.
Gli errori diagnostici possono verificarsi durante l’anamnesi, l’esame fisico del soggetto e la lettura dei risultati degli accertamentia cui egli è stato sottoposto. Altre volte, possono derivare dalla mancata esecuzione di test clinici che, se eseguiti, avrebbero potuto contribuire a chiarire la reale natura del malessere riferito.
In altri casi ancora, l’errore può essere imputabile alle prestazioni erogate in un centro diagnostico. Si pensi a una donna che, a seguito dei test per la prevenzione del tumore al seno, riceve una diagnosi errata da ecografia.
Se da una verifica più approfondita delle immagini emergesse che, in sede di esame, si poteva già individuare la massa tumorale o una formazione nodulare sospetta, la paziente potrebbe rivalersi nei confronti del centro e/o del medico che ha eseguito l’esame per ottenere il risarcimento per errata diagnosi tumore.
Non ci dimentichiamo che un ritardo nella diagnosi può favorire il peggioramento delle condizioni della paziente con la conseguente necessità di sottoporla a trattamenti più aggressivi e/o invasivi.
Infine, nei casi più gravi, si può verificare una riduzione delle aspettative di vita con conseguente diritto al risarcimento del danno da perdita di chance.
Importanza della diagnosi differenziale
Con il termine diagnosi differenziale, si intende quel procedimento decisionale che aiuta il medico a inquadrare una patologia a partire da disordini con sintomi simili.
Tale approccio si propone di:
- scongiurare errori di valutazione;
- arrivare alla formulazione di una diagnosi corretta della malattia mediante l’esclusione di condizioni che possono dare luogo a una sintomatologia analoga.
Alcuni medici sposano tuttavia la diagnosi formulata in prima battuta escludendo a priori che quanto riferito dal paziente possa essere riconducibile ad altra patologia.
In questi casi, la condotta del medico è censurabile quando:
- i sintomi accusati dal paziente sono associabili a due patologie diverse e non si procede con adeguati accertamenti;
- non vi è la certezza assoluta sulla diagnosi formulata e il medico non prescrive gli esami atti a una corretta qualificazione dello stato del paziente;
- il medico si affida esclusivamente all’anamnesi fornita dal paziente senza sottoporlo a indagini diagnostiche.
Conseguenze dell’errore diagnostico
Gli errori diagnostici possono dare luogo a conseguenze molto gravi a cui si sommano la perdita di fiducia nella sanità e la percezione di un senso di ingiustizia. Per questo, tali errori devono essere risarciti valutando i danni patrimoniali e non patrimoniali riportati dal paziente.
Risarcimento per errata diagnosi: i danni patrimoniali
I danni patrimoniali derivanti da errori diagnostici possono includere le seguenti voci.
- Spese mediche aggiuntive: comprendono i costi sostenuti a causa dell’errore diagnostico come quelli per le visite specialistiche, i trattamenti, le cure ospedaliere, i farmaci e le sedute di riabilitazione.
- Perdita di reddito: l’errore diagnostico può causare un’incapacità lavorativa temporanea o permanente, ragion per cui il paziente ha diritto a essere risarcito per la mancata percezione del reddito.
- Spese per cure a lungo termine: appartengono a tale categoria i costi sostenuti per cure continue o lunghi percorsi di riabilitazione.
Risarcimento per errata diagnosi: i danni non patrimoniali
Gli errori diagnostici possono causare danni non patrimoniali ai pazienti.
- Danno biologico: si riferisce alle lesioni psicofisiche riportate e comprende dolore fisico, sofferenza emotiva, disabilità permanente, perdita della qualità di vita e altre conseguenze sulla salute del paziente.
- Danno morale: comprende il dolore emotivo, la sofferenza psicologica e lo stress mentale derivanti dall’errore diagnostico. Include inquietudine, stati depressivi, scarsa fiducia nella sanità e deterioramento dei rapporti interpersonali.
- Danno estetico: comprende i danni che segnano in modo permanente l’aspetto estetico del paziente come cicatrici visibili e deformità.
- Danno esistenziale: si riferisce al senso di smarrimento del paziente con perdita della propria identità e ripercussioni sulle prospettive future e sul rapporto con ciò che lo circonda.
- Danno da perdita parentale: se l’errore diagnostico causa la morte del paziente, i familiari possono richiedere un risarcimento per il dolore emotivo e la perdita d’affetto derivanti dal prematuro decesso del loro caro.
Elementi chiave per il risarcimento
Al fine di inoltrare una richiesta di risarcimento danni per errata diagnosi, occorre analizzare fattori e circostanze che hanno portato alla valutazione e alla relativa condotta medica.
Gli aspetti da prendere in considerazione sono i seguenti.
- Quadro clinico confuso per l’assunzione, precedentemente alla visita, di un farmaco.
- Eventuale intervento d’urgenza.
- Mancata comunicazione da parte del paziente circa la manifestazione di sintomi importanti.
Di fronte a un possibile errore diagnostico occorre, inoltre, verificare se la terapia somministrata sia stata completamente inutile e se da essa ne siano derivate conseguenze psicofisiche eziologicamente riconducili alla diagnosi formulata.
Da ciò ne deriva l’importanza di analizzare ogni singolo caso nel dettaglio per stabilire se vi siano gli estremi per intentare un’azione risarcitoria e, nel caso, quali siano gli aspetti della vita quotidiana più compromessi dall’errata diagnosi.
Quando si ha diritto a essere risarciti?
Se a seguito di una diagnosi errata le condizioni del paziente peggiorano, lo stesso potrebbe aver diritto a richiedere un risarcimento per malasanità.
Tale diritto può essere, tuttavia, esercitato solo se sono soddisfatti i seguenti presupposti.
- Presenza di un danno alla salute derivante da colpa medica nell’erogazione della prestazione sanitaria.
- Esistenza di un nesso di causalità tra l’errore diagnostico e i danni riportati.
- Impossibilità per il medico o la struttura ospedaliera di dimostrare di aver correttamente adempiuto all’obbligazione sanitaria.
- Sussistenza del giudizio controfattuale con la dimostrazione che una diagnosi corretta e tempestiva avrebbe risparmiato danni al paziente.
Cosa fare quando un medico sbaglia diagnosi?
Come già anticipato, si parla di errore diagnostico quando il medico non riesce a inquadrare il caso clinico in una patologia o lo fa in modo errato. Analogamente, possono verificarsi errori diagnostici quando non si prescrivono accertamenti volti a favorire la formulazione di una corretta diagnosi.
Tra i casi più frequenti figurano:
- diagnosi di patologia inesistente;
- attestazione di una malattia diversa da quella effettiva;
- accertamento dell’inesistenza di una patologia in realtà esistente;
- ritardo colpevole da parte del medico nella formulazione di una diagnosi.
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Procedura per richiedere il risarcimento
In caso di diagnosi sbagliata, la procedura per richiedere il risarcimento è la seguente.
- Raccogliere e conservare la documentazione sanitaria relativa all’errore diagnostico comprensiva di referti, cartelle cliniche e prescrizioni.
- Affidarsi a un avvocato esperto in malasanità che, con il contributo del suo team di medici legali, possa stimare i danni patrimoniali e non patrimoniali.
- Cercare una soluzione stragiudiziale.
- Nel caso in cui la struttura sanitaria non riconosca l’errore diagnostico o la cifra da liquidarsi, intentare un’azione civile per il risarcimento danni.
Attenzione, però, perché anche per i danni da errata diagnosi ci sono dei tempi di prescrizione ben precisi da rispettare.
- Se il risarcimento danni viene chiesto alla struttura ospedaliera, il paziente ha a disposizione anni 10 di tempo per presentare la domanda. In tal caso, l’onere della prova per essere esenti da responsabilità è a carico della clinica. Infatti, per il paziente è sufficiente dimostrare l’esistenza di un rapporto tra la struttura e il danno riportato.
- Se il risarcimento danni viene chiesto direttamente al medico che ha commesso l’errore, il termine di prescrizione è fissato in anni 5 e l’onere della prova della colpa medica è a carico del paziente.
Mediazione e risoluzione stragiudiziale
Anche nel caso di responsabilità medica derivante da errata diagnosi, sussiste l’obbligo di mediazione al fine di giungere a una risoluzione extragiudiziale della controversia tra paziente e professionista sanitario (legge n. 24/2017).
La mediazione vuole aiutare le parti coinvolte a trovare un accordo attraverso un dialogo mediato da un terzo neutrale (mediatore). Il fine ultimo è evitare il ricorso al tribunale trovando una soluzione che soddisfi entrambe le parti permettendo così di ridurre i costi e i tempi di una causa legale.
In caso di responsabilità medica, il paziente è obbligato a intraprendere il percorso di mediazione (condizione di procedibilità della domanda giudiziale) prima di presentare una denuncia in tribunale.
Le fasi del procedimento di mediazione
Il procedimento di mediazione in caso di responsabilità medica consta di diverse fasi.
- Il paziente deve presentare una richiesta di mediazione presso l’organismo di mediazione autorizzato che è incaricato di assegnare il caso a un mediatore competente in materia. Il mediatore convoca quindi ambo le parti per facilitare il dialogo tra loro.
- In corso di mediazione, le parti possono esporre le proprie posizioni e presentare relativa documentazione al fine di raggiungere un accordo.
- In caso di mancato accordo, si procede alla formalizzazione di quanto avvenuto in un atto di transazione dal valore legale.
Si precisa che il procedimento di mediazione non è vincolante. Le parti non sono, dunque, obbligate a raggiungere un accordo e possono interrompere la mediazione in qualsiasi momento.
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